Disabilità intellettiva e disturbo psichiatrico
La disabilità intellettiva o ritardo mentale come viene descritto nell’ICD-10 e nel DSM-IV, pur facendo parte dei sistemi di classificazione psichiatrica non è una malattia psichiatrica. Un errore frequente, in campo psichiatrico, è quello di confondere il sintomo del ritardo mentale con altri disturbi psicologici come depressone, ansia, iperattività, eccitamento, ecc., che nel ritardato hanno certo un’espressione fenomenica specifica, ma possono avere origini e meccanismi molto diversi. In realtà il ritardo mentale non è un difetto isolato di prestazioni cognitive, rivelato dai test psicometrici cosiddetti di “livello” e dal quoziente intellettivo, non è neppure un sintomo accessorio di altra malattia somatica o mentale, poiché per la sua gravità costituisce l’aspetto fenotipico più importante (e mai accessorio) di tante sindromi a cui può associarsi. L’aspetto fenotipico più importante del ritardo mentale resta comunque l’impossibilità di sviluppo del pensiero astratto. Al sintomo principale si associano poi molti altri sintomi psicopatologici, cognitivi e affettivi, in misura e tipologia variabili, che modificano la coscienza di sè e l’adattamento all’ambiente. Per gli autori francesi (Mimes, Lang, Salbreux) nel ritardo mentale possiamo distinguere diversi tipi di manifestazioni raggruppati in: Negli adulti con ritardo mentale è importante ricercare i fattori di rischio che predispongono alle malattie psichiatriche: Nelle malattie psichiatriche sintomi comuni come ritiro sociale, mancanza di concentrazione, agitazione eccessiva, alterazione del sonno e altre alterazioni comportamentali possono essere espressione di danni cerebrali sottostanti piuttosto che sintomi di malattia. L’eziologia della depressione nella disabilità intellettiva non è chiaramente definita, ma coinvolge probabilmente le stesse cause della popolazione generale. Nei soggetti con disabilità intellettiva non solo è stato descritto il disturbo bipolare a cicli rapidi (Vanstraelen e Tyrer, 1999), ma sembra essere più frequente in questa popolazione che in quella generale. Il disturbo d’ansia generalizzato presenta negli adulti con disabilità intellettiva una distribuzione pari o, secondo alcuni studi, superiore a quella della popolazione generale (Raghavan, 1997). Uno studio (Masi et al., 2000), che si proponeva di confrontare il DAG (Disturbo d’Ansia Generalizzato) nelle persone con disabilità intellettiva rispetto a quelle con intelligenza normale, ha suggerito che il DAG può essere rilevato nei soggetti con ritardo mentale lieve. I sintomi si sono rivelati complessivamente simili a quelli della popolazione media, sebbene si siano riscontrate con maggior frequenza le rimuginazioni, i disturbi somatici e quelli del sonno. L’ICD-10 raccoglie i disturbi d’ansia, il disturbo ossessivo compulsivo, e tutta una serie di altri disturbi sotto i disturbi nevrotici e correlati allo stress. La letteratura sulla presenza di questi disturbi sulla disabilita intellettiva è scarsa e la diagnosi può spesso risultare non fattibile. Spesso molti adulti con disabilità intellettiva lamentano la presenza di dolori o disturbi somatici, in questi casi può risultare difficile distinguere tra la diagnosi di disturbo somatoforme e la semplice espressione di un bisogno di attenzione o di rassicurazione. In letteratura esistono alcuni case report che dimostrano l’ esistenza di questo disturbo nella popolazione con disabilità intellettiva; non esistono invece dati più precisi sulla prevalenza. Le persone con disabilità intellettiva presentano un’elevata incidenza di disturbi dell’appetito e del peso. Nella sindrome di PRADER-WILLI i soggetti possono addirittura compiere abbuffate compulsive capaci di condurre col tempo a grave obesità e ad altre malattie a questa associate, come il diabete. Al riguardo in letteratura esistono numerosi report, uno di questi suggerisce che questi soggetti possono non mostrare tecniche sofisticate per ridurre il peso e non esprimere distorsioni dell’immagine corporea. Molto spesso questi soggetti presentano problemi del sonno che appaiono persistenti e di lunga durata. ad esempio le apnee notturne sono di comune riscontro in alcune condizioni, come nella sindrome di down, anche se possono manifestarsi come disturbi comportamentali e non essere riconosciute. Esistono alcune ricerche sull’uso di alcool e droghe nelle persone con disabilità intellettiva che indicano un uso minore di tali sostanze rispetto alla popolazione generale (Christian e Poling, 1997). Le opportunità di usare e abusare di sostanze sono più numerose tra i soggetti con disabilità lieve e moderata, che hanno una maggiore indipendenza e quindi un più facile accesso alle sostanze. La demenza è una condizione acquisita dell’età anziana, all’opposto della disabilità intellettiva, che è un disturbo dello sviluppo. Gli unici fattori specifici di rischio per lo sviluppo della demenza di Alzheimer sembrano essere l’incremento dell’età e la sindrome di down. A tal proposito è stata dimostrata l’esistenza di un legame tra la sindrome di down e la malattia di Alzheimer. Molto frequenti nei soggetti con disabilità intellettiva sono i problemi di natura organica, tra i quali vanno considerati gli effetti collaterali dei farmaci. In questa tipologia di persone i disturbi di natura organica possono manifestarsi come problemi comportamentali. L’epilessia è una condizione medica comune che colpisce il 14- 24% degli adulti con disabilità intellettiva. Fare diagnosi di disturbo di personalità in una persona con ritardo mentale di grado grave può risultare estremamente difficile. In questi casi non resta che procedere a una buona descrizione dei comportamenti osservati in un determinato individuo e alla valutazione delle circostanze in cui si presentano, per vedere se non sia possibile trarne un qualche significato. Comunque alcuni studi hanno riscontrato una prevalenza del 22- 27% di disturbi di personalità tra i soggetti con disabilità intellettiva, anche se questi dati devono essere considerati con riserva, data la difficoltà nel diagnosticarli, essendo entrambi problemi dello sviluppo. Se fra i disturbi psichiatrici si includono quelli del comportamento, l’incidenza di malattie psichiatriche diventa significativamente più alta negli adulti con disabilità intellettiva rispetto alla popolazione normale (Meltzer et al., 1995). Infine una adeguata valutazione psicopatologica e strutturale della disabilità intellettiva comprende:
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