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Disabilità intellettiva e disturbo psichiatrico


La disabilità intellettiva o ritardo mentale come viene descritto  nell’ICD-10 e nel DSM-IV, pur facendo parte dei sistemi di classificazione psichiatrica non è una malattia psichiatrica. Un errore frequente,  in campo psichiatrico, è quello di confondere il sintomo del ritardo mentale con altri disturbi psicologici come depressone, ansia, iperattività, eccitamento, ecc., che nel ritardato hanno certo un’espressione fenomenica specifica, ma possono avere origini e meccanismi molto diversi.
Il DSM-IV ha fornito ai clinici un importante aiuto, per evitare questo errore, consigliando la classificazione del ritardo mentale su un asse diverso da quello degli altri sintomi psicopatologici.

In realtà  il ritardo mentale non è un difetto isolato di prestazioni cognitive, rivelato dai test psicometrici cosiddetti di “livello” e dal quoziente intellettivo, non è neppure un sintomo accessorio di altra malattia somatica o mentale, poiché per la sua gravità costituisce l’aspetto fenotipico più importante (e mai accessorio) di tante sindromi a cui può associarsi. L’aspetto fenotipico più importante del ritardo mentale resta comunque l’impossibilità di sviluppo del pensiero astratto. Al sintomo principale si associano poi molti altri sintomi psicopatologici, cognitivi e affettivi, in misura e tipologia variabili, che modificano la coscienza di sè e l’adattamento all’ambiente.

Per gli autori francesi (Mimes, Lang, Salbreux) nel ritardo mentale possiamo distinguere diversi tipi di manifestazioni raggruppati in:
-sintomi intrinseci legati alla patologia delle funzioni intellettive e dovuti alla debolezza di tutti i processi cognitivi;
-sintomi estrinseci non strettamente cognitivi, che possono essere legati alle espressioni dell’umore, all’intensità delle emozioni, ai livelli di ansia, ecc.

Negli adulti con ritardo mentale è importante ricercare i fattori di rischio che predispongono alle malattie psichiatriche:
fattori biologici:
-labilità genetica: è dimostrato che la sindrome dell’x fragile, la sindrome di Williams ed altre sono associate a  precisi fenotipi comportamentali;
-l’anormalità strutturale nel lobo frontale può causare ritiro sociale e apatia;
-l’interazione tra le disabilità fisiche e l’ambiente come spasticità o problemi di mobilità, o deficit alla vista o all’udito possono causare indirettamente psicopatologia;
-il 14-24% delle persone con ritardo mentale ha problemi di epilessia in anamnesi, ciò può predisporre alla psicopatologia;
-i farmaci possono causare psicopatologia.
fattori psicologici:
compromissione dell’intelligenza, della memoria, della capacità di giudizio, immaturità dei meccanismi di difesa e mancanza di supporto emotivo.
fattori sociali:
ambiente iper o ipo stimolante, conflitti con i membri della famiglia, difficoltà nell’instaurare relazioni soddisfacenti, abuso fisico o psicologico.

Nelle malattie psichiatriche sintomi comuni come ritiro sociale, mancanza di concentrazione, agitazione eccessiva, alterazione del sonno e altre alterazioni comportamentali possono essere espressione di danni cerebrali sottostanti piuttosto che sintomi di malattia.  
 
La frequenza generale dei disturbi psichiatrici negli adulti con disabilità intellettiva non differisce significativamente da quella nella popolazione generale. Sembra invece che la frequenza della schizofrenia negli adulti con disabilità intellettiva di grado compreso fra lieve e moderato sia maggiore rispetto a quella della popolazione media (Tuner, 1989; Copper, 1997; Deb et al., 2001): ciò suggerisce che queste persone presentino un rischio maggiore di sviluppare la malattia. Almeno una parte di questo rischio potrebbe essere legata alla maggiore frequenza di complicazioni ostetriche (O’Dwyer, 1997) e a fattori generali (Doody et al., 1998).
La diagnosi di schizofrenia  si basa sulla presenza di sintomi soggettivi complessi che per essere descritti richiedono una certa capacità comunicativa, che non e possibile  avere nei casi di ritardo mentale più grave.   

L’eziologia della depressione nella disabilità intellettiva non è chiaramente definita, ma coinvolge probabilmente le stesse cause della popolazione generale.
È probabile che in questo particolare gruppo il rischio di malattia sia più alto per l’ esistenza di maggiori difficoltà, come il danno cerebrale, l’alta incidenza di malattie fisiche e lo scarso supporto sociale.

Nei soggetti con disabilità intellettiva non solo è stato descritto il disturbo bipolare a cicli rapidi (Vanstraelen e Tyrer, 1999), ma sembra essere più frequente in questa popolazione che in quella generale.

Il disturbo d’ansia generalizzato presenta negli adulti con disabilità intellettiva una distribuzione pari o, secondo alcuni studi, superiore a quella della popolazione generale (Raghavan, 1997). Uno studio (Masi et al., 2000), che si proponeva di confrontare il DAG (Disturbo d’Ansia Generalizzato) nelle persone con disabilità intellettiva rispetto a quelle con intelligenza normale, ha suggerito che il DAG può essere rilevato nei soggetti con ritardo mentale lieve. I sintomi si sono rivelati complessivamente simili a quelli della popolazione media, sebbene si siano riscontrate con maggior frequenza le rimuginazioni, i disturbi somatici e quelli del sonno.

L’ICD-10 raccoglie i disturbi d’ansia, il disturbo ossessivo compulsivo, e tutta una serie di altri disturbi sotto i disturbi nevrotici e correlati allo stress. La letteratura sulla presenza di questi disturbi sulla disabilita intellettiva è scarsa e la diagnosi può spesso risultare non fattibile.

Spesso molti adulti con disabilità intellettiva lamentano la presenza di dolori o disturbi somatici, in questi casi può risultare difficile distinguere tra la diagnosi di disturbo somatoforme e la semplice espressione di un bisogno di attenzione o di rassicurazione. In letteratura esistono alcuni case report che dimostrano l’ esistenza di questo disturbo nella popolazione con disabilità intellettiva; non esistono invece dati più precisi sulla prevalenza.

Le persone con disabilità intellettiva presentano un’elevata incidenza di disturbi dell’appetito e del peso. Nella sindrome di PRADER-WILLI i soggetti possono addirittura compiere abbuffate compulsive capaci di condurre col tempo a grave obesità e ad altre malattie a questa associate, come il diabete. Al riguardo in letteratura esistono numerosi report, uno di questi suggerisce che questi soggetti possono non mostrare tecniche sofisticate per ridurre il peso e non esprimere distorsioni dell’immagine corporea.

Molto spesso questi soggetti presentano problemi del sonno che appaiono persistenti e di lunga durata. ad esempio le apnee notturne sono di comune riscontro in alcune condizioni, come nella sindrome di down, anche se possono manifestarsi come disturbi comportamentali e non essere riconosciute.

Esistono alcune ricerche sull’uso di alcool e droghe nelle persone con disabilità intellettiva che indicano un uso minore di tali sostanze rispetto alla popolazione generale (Christian e Poling, 1997). Le opportunità di usare e abusare di sostanze sono più numerose tra i soggetti con disabilità lieve e moderata, che hanno una maggiore indipendenza e quindi un più facile accesso alle sostanze.

La demenza è una condizione acquisita dell’età anziana, all’opposto della disabilità intellettiva, che è un disturbo dello sviluppo. Gli unici fattori specifici di rischio per lo sviluppo della demenza di Alzheimer sembrano essere l’incremento dell’età e la sindrome di down. A tal proposito è stata dimostrata l’esistenza di un legame tra la sindrome di down e la malattia di Alzheimer.   

Molto frequenti nei soggetti con disabilità intellettiva sono i problemi di natura organica, tra i quali vanno considerati gli effetti collaterali dei farmaci. In questa tipologia di persone i disturbi di natura organica possono manifestarsi come problemi comportamentali. L’epilessia è una condizione medica comune che colpisce il 14- 24% degli adulti con disabilità intellettiva.

Fare diagnosi di disturbo di personalità in una persona con ritardo mentale di grado grave può risultare estremamente difficile. In questi casi non resta che procedere a una buona descrizione dei comportamenti osservati in un determinato individuo e alla valutazione delle circostanze in cui si presentano, per vedere se non sia possibile trarne un qualche significato. Comunque alcuni studi hanno riscontrato una prevalenza del 22- 27% di disturbi di personalità tra i soggetti con disabilità intellettiva, anche se questi dati devono essere considerati con riserva, data la difficoltà nel diagnosticarli, essendo entrambi problemi dello sviluppo.
La diagnosi di disturbo di personalità è basata in parte sul riconoscimento in un individuo di esperienze interiori devianti dalla norma. Nelle persone con disabilità intellettiva grave o gravissima operare questo tipo di valutazione può non essere possibile.
Uno studio di Corbett (1979) ha mostrato che il 25% di questa tipologia di persone poteva ricevere una diagnosi di disturbo di personalità secondo i criteri dell’ICD-8; la maggioranza di esse, però, non soddisfaceva i criteri di alcuna categoria diagnostica specifica. Queste persone venivano semplicisticamente descritte come irritabili o impulsive, definizioni che non corrispondevano ad alcuna categoria descritta dalle classificazioni.    

Se fra i disturbi psichiatrici si includono quelli del comportamento, l’incidenza di malattie psichiatriche diventa significativamente più alta negli adulti con disabilità intellettiva rispetto alla popolazione normale (Meltzer et al., 1995).
Queste evidenze controverse messe in evidenza dai diversi studi  potrebbero dipendere dal fatto che i diversi autori hanno usato i medesimi criteri diagnostici per tutti i gradi di gravità, e questo potrebbe  non essere adeguato.

Infine una adeguata valutazione psicopatologica e strutturale della disabilità intellettiva comprende:
-la definizione del livello di gravità del deficit cognitivo globale;
-la caratterizzazione dell’assetto cognitivo dei punti di forza e di debolezza, delle strategie, dell’utilizzazione delle conoscenze;
-una valutazione del mondo interno, delle fantasie, paure, ansie, oltre ad un livello di sviluppo del sè;
-una precisazione delle modalità interattive tra l’individuo e ambiente.

 

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