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Vostro figlio si isola? Hikikomori e ritiro sociale. Segnali da non sottovalutare

13/04/2025 20:07

Roberta MORICONI

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Vostro figlio si isola? Hikikomori e ritiro sociale. Segnali da non sottovalutare

Vedere i nostri figli crescere porta gioie immense, ma anche preoccupazioni profonde. Una delle ansie più comuni oggi riguarda il loro rapporto con il mondo est

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Come capire se l'isolamento di vostro figlio è una fase passeggera o un campanello d'allarme serio.

 

Vedere i nostri figli crescere porta gioie immense, ma anche preoccupazioni profonde. Una delle ansie più comuni oggi riguarda il loro rapporto con il mondo esterno. Magari notate che vostro figlio o vostra figlia trascorre sempre più tempo nella sua camera, sembra aver perso interesse per gli amici o comunica a fatica. È una fase adolescenziale "normale", un periodo di tristezza passeggera, o potrebbe esserci qualcosa di più profondo, come un grave isolamento sociale o addirittura il fenomeno noto come Hikikomori?

È naturale sentirsi confusi, spaventati, a volte persino impotenti o colpevoli. Questo articolo vuole offrirvi una bussola per aiutarvi a comprendere meglio questi fenomeni, riconoscere i segnali potenzialmente preoccupanti e capire quando e come agire.

Il termine "Hikikomori" viene dal Giappone e significa letteralmente "stare in disparte". Descrive una condizione di ritiro sociale estremo e prolungato. Non si tratta di semplice timidezza o introversione. L'Hikikomori è una persona (spesso un giovane,) che sceglie di isolarsi completamente dalla società (scuola, lavoro, uscite con amici). I contatti possono ridursi al minimo, talvolta limitati ai soli familiari conviventi o addirittura avvenire esclusivamente online (spesso in modo anonimo o passivo). Trascorre la maggior parte del tempo in casa, spesso confinata nella propria camera, per un periodo di almeno sei mesi, interrompendo scuola, lavoro e quasi ogni contatto sociale diretto. Questo ritiro causa un notevole disagio alla persona o ne compromette il funzionamento in aree importanti (studio, lavoro, relazioni). È una condizione complessa, spesso legata a profonde sofferenze psicologiche.

Sebbene nato in un contesto culturale specifico, il fenomeno dell'Hikikomori è oggi riconosciuto a livello globale, anche in Italia. Le pressioni sociali, le difficoltà scolastiche o lavorative, il bullismo, traumi passati o disturbi psicologici preesistenti (come ansia sociale, depressione, disturbi dello spettro autistico) possono contribuire a innescare questo ritiro come meccanismo di difesa estremo. È bene sottolineare che non tutti i ragazzi che si isolano sono Hikikomori. L'isolamento sociale esiste a vari livelli:

  • Tendenza all'isolamento: un ragazzo può iniziare a ridurre le uscite, preferire attività solitarie, sentirsi a disagio in gruppo, ma mantenere ancora qualche contatto o legame (es. va a scuola controvoglia, vede un amico ogni tanto).
  • Ritiro sociale grave: la situazione è più seria, l'evitamento è marcato, la rete sociale quasi inesistente, ma magari esce ancora per necessità o mantiene contatti online significativi.
  • Hikikomori: è l'estremo, con il rifiuto quasi totale del mondo esterno e un isolamento fisico e relazionale che perdura nel tempo.

Anche le forme meno estreme di isolamento non vanno sottovalutate. Possono essere un segnale di disagio (ansia, depressione, difficoltà relazionali) e, se non affrontate, possono peggiorare, influenzando negativamente l'autostima, il percorso di studi e le prospettive future dei nostri figli.

Ecco alcuni segnali che, soprattutto se presenti in combinazione e persistenti nel tempo, meritano attenzione:

  • Cambiamenti Comportamentali:
    • Ritiro progressivo: Smette di frequentare amici, abbandona sport o hobby che prima amava, rifiuta inviti.
    • Reclusione in camera: Passa la maggior parte del tempo chiuso/a nella propria stanza, uscendo solo per bisogni essenziali (e a volte neanche per quelli, se il cibo viene portato lì).
    • Inversione ritmo sonno-veglia: Dorme di giorno e sta sveglio/a di notte, spesso davanti a schermi.
    • Rifiuto scolastico/lavorativo: Assenze frequenti, calo del rendimento, fino all'abbandono completo.
    • Dipendenza da internet/videogiochi: Il mondo online diventa l'unico rifugio o forma di "contatto", spesso passivo o anonimo. Attenzione: non è l'uso di internet in sé il problema, ma il suo diventare sostituto totale della vita reale.
    • Trascuratezza: Scarsa igiene personale, disordine eccessivo nella stanza.
    • Comunicazione ridotta o ostile: Risposte a monosillabi, irritabilità, evitamento dello sguardo, rifiuto di parlare dei propri problemi.
  • Segnali Emotivi e Psicologici:
    • Apatia e mancanza di motivazione: Sembra indifferente a tutto, privo di energia e interessi.
    • Ansia sociale evidente: Paura del giudizio altrui, timore delle situazioni sociali, talvolta attacchi di panico all'idea di dover uscire o interagire.
    • Sintomi depressivi: Tristezza persistente, irritabilità, perdita di speranza, pensieri negativi su di sé e sul futuro.
    • Bassa autostima: Si sente un fallito, incapace, senza valore.
    • Vergogna e senso di colpa: Profonda vergogna per la propria condizione, che però alimenta ulteriormente il ritiro.

 

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Un singolo segnale o un periodo "no" non fanno una diagnosi. È la combinazione, la durata e l'intensità di questi comportamenti, insieme al livello di sofferenza e compromissione del funzionamento quotidiano, che devono destare preoccupazione.

Se riconoscete alcuni di questi segnali, è fondamentale agire con delicatezza, pazienza ma anche con determinazione.

- Osservate senza giudicare: Prendete nota dei cambiamenti in modo oggettivo.

- Aprite un canale di comunicazione: Scegliete un momento tranquillo. Esprimete la vostra preoccupazione usando messaggi del tipo "Ho notato che passi molto tempo da solo e mi preoccupo per te", invece di accusare "Stai sempre chiuso in camera!".

- Evitate pressioni eccessive o ultimatum: Forzare le cose "Devi uscire!",  è quasi sempre controproducente e può rafforzare il desiderio di ritirarsi.

- Incoraggiate piccoli passi: Premiate ogni minimo tentativo di apertura, senza mettergli fretta.

L'isolamento sociale grave e l'Hikikomori sono condizioni complesse che richiedono l'intervento di specialisti come psicologi, psicoterapeuti e psichiatri che sapranno:

  • Valutare la situazione in modo accurato.
  • Aiutare vostro figlio a capire e affrontare le cause del suo malessere.
  • Supportare voi genitori nel gestire la situazione e nel migliorare la comunicazione.
  • Suggerire percorsi terapeutici specifici (individuali, familiari, di gruppo).

Per i genitori affrontare l'isolamento di un figlio è una delle sfide più dure che richiede coraggio, pazienza  ed una capacità di mettere da parte giudizi e sensi di colpa. Il vostro ruolo è quello di essere presenti con amore, cercare di comprendere e, soprattutto, attivare le risorse di aiuto necessarie.